La dipendente: «Dove lavoravo prima ero un numero, qui quello che faccio ha un immenso valore, per me e per gli altri»

In occasione del quinto anniversario della Fondazione Fevoss Santa Toscana, conosciamo i volti di alcune persone che fanno parte della nostra grande famiglia: Giorgia Ferrarese, responsabile del Bazar solidale di via Marconi, 21 a Verona

«Grazie al Bazar solidale ho trovato un lavoro e, contemporaneamente, la mia forza, ovvero il gruppo di 15 donne che coordino. Tanto che quando finisce il mio orario, spesso mi fermo ancora in negozio, come volontaria, senza guardare l’orologio. Questo ambiente è un dare e avere reciproco: grazie al Bazar mi sono sentita accolta, capita, aiutata e ora mi sento realizzata. E se posso contraccambiare in questo modo, non ci penso due volte».

Giorgia Ferrarese ha 53 anni, da due è entrata a far parte della Fondazione Fevoss Santa Toscana. Una realtà che ha nel dna l’aiuto alle persone in difficoltà, in favore delle quali finanzia progetti, crea con gli enti una rete di accoglienza, crea opportunità lavorative. Una missione che Giorgia ha sperimentato sulla sua pelle: oggi lavora infatti come responsabile di negozio in uno dei due punti vendita del “Bazar solidale – da una mano all’altra”, uno dei progetti di punta della Fondazione.

Giorgia, com’è venuta in contatto con questa realtà?

Sono separata e vivo da sola con una figlia di 15 anni. Avevo un lavoro part time ma ho dovuto licenziarmi per gravi problemi di salute. Poi è arrivato il lockdown, trovare un lavoro era praticamente impossibile e sono entrata nel tunnel della disoccupazione. Non riuscivo neanche a pagare le bollette. Sono stati i Servizi sociali del Comune di Verona a propormi di aderire al progetto Ria – Reddito di inclusione attiva, che mira al superamento della difficoltà attraverso il reinserimento lavorativo in realtà di Terzo settore, e a presentarmi alla Fondazione.

E così a fine estate del 2020 ha iniziato a lavorare come commessa al Bazar solidale di via Marconi a Verona…

Nasco come impiegata commerciale ma ho lavorato una vita in negozi di abbigliamento: così sono diventata il braccio destro di Anna, allora responsabile del negozio. Quando lei, un anno dopo, ha scelto un’altra strada, mi hanno chiesto di sostituirla. Il progetto con il Comune era in scadenza, ma la Fondazione ha creduto in me e ha deciso di darmi un’ulteriore opportunità, assumendomi direttamente con contratto a tempo determinato: una grandissima soddisfazione. E spero davvero di restare, perché l’aria che si respira al Bazar è impagabile.

Giorgia Ferrarese (a destra) con Anna Rossati, la precedente coordinatrice del Bazar solidale di via Marconi, nel giorno del passaggio di consegne

In che senso?

Quando ho capito le finalità del progetto Bazar – finanziare i progetti della Fondazione, promuovere l’economia circolare e insieme l’inclusione sociale – l’ho amato dal primo momento e ci ho subito messo anima e corpo. Tanto che, oltre a lavorare lì, ho anche la tessera di volontaria. Perché so che più tempo decido di donare, più persone potranno essere aiutate. E’ questo che ci fa sentire più “ricchi”. Io, poi, che non ho mai avuto una grande famiglia alle spalle, qui mi sento al sicuro. So che se dovessi avere un problema, sono certa che mi aiuterebbero. E così io farei per loro. In passato ho lavorato anche per delle multinazionali: allora mi sentivo un numero, qui sento che quello che faccio è importante e ha un immenso valore, per me e per gli altri.

Se ne accorgono anche i clienti?

Certo, tanto che spesso, oltre a pagare, lasciano qualcosa in più, proprio per le nostre finalità solidali. E poi ci sono i donatori: ci soffermiamo a parlare per far capire loro che chi ci regala abiti o oggettistica da rimettere in vendita, fa del bene due volte. In questo modo rendiamo anche loro importanti. E quasi sempre, dopo la prima esperienza ritornano e ci portano in dono anche capi, oggetti e accessori firmati, di notevole valore, senza ricevere un euro in cambio come negli altri mercatini dell’usato. «Ci fidiamo di voi», ci dicono, «e della bontà dei vostri progetti solidali». E questo è il nostro orgoglio più grande.

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